I principali risultati emersi dal censimento sulle biblioteche pubbliche e private condotto nel 2019
Fonte: AgCult
Biblioteconomia e statistica sono due mondi culturali e professionali distanti eppure hanno qualcosa in comune, qualcosa di molto importante: lo scopo ultimo che le anima, l’aspirazione a dare ordine, rendere fruibile la complessità, l’aspirazione a renderla intellegibile volendo far emergere la relazione tra le cose, attraverso la mediazione, la classificazione, la categorizzazione, offrendo così una base oggettiva per disegnare scenari nuovi e promuovere lo sviluppo.
È con questa riflessione che Fabrizio Arosio, responsabile del Servizio Reti territoriali e ambientali dell’Istat ha aperto la presentazione dei dati emersi dal censimento sulle biblioteche pubbliche e private condotto nel 2019, oggetto della tavola rotonda organizzata dalla Commissione Nazionale Biblioteche Pubbliche [1] dell’AIB lo scorso 3 giugno [2].
Proprio nell’ottica di rendere intellegibile la complessità è utile evidenziare da subito e con chiarezza il principale dato che emerge dall’indagine: dal punto di vista quantitativo, le biblioteche sono la struttura culturale capillarmente più diffusa sul territorio nazionale. Il censimento Istat ne conta 7.425 al netto delle biblioteche scolastiche e universitarie – ma il questionario era stato inviato a oltre 9.000 istituti presenti nell’Anagrafe delle biblioteche italiane [3] – quasi il 60% dei comuni italiani ha almeno una biblioteca, in media una ogni 8000 abitanti. Per intenderci, gli uffici postali in Italia sono uno ogni 5.000 abitanti e i supermercati uno ogni 6.500 abitanti. La quantità non conta, siamo abituati a dire, ed è vero in molte circostanze però questi numeri ci raccontano senza dubbio che le biblioteche sono una straordinaria opportunità, soprattutto se consideriamo che il 38% è in comuni con meno di 5mila abitanti e il 34% in comuni di medie dimensioni (tra i 5 e i 50 mila abitanti), ovvero contesti in cui spesso le biblioteche sono davvero gli unici presidi culturali sul territorio che offrono un servizio continuativo.
Tuttavia questi valori medi possono “nascondere” la seconda questione rilevante: una capillarità caratterizzata da una distribuzione sul territorio nazionale fortemente diseguale. Due terzi delle biblioteche sono in 7 regioni, più della metà delle biblioteche è al Nord (58,3%), il 17,5% al Centro, il 13,5% al Sud e il 10,7% nelle Isole. Rapportando questi dati alla popolazione residente, abbiamo una biblioteca ogni 6.384 abitanti al Nord e una ogni 11.231 abitanti al Sud. Ed è questo il secondo tema sul quale pare opportuno concentrarsi. Non tutti i cittadini in Italia possono godere di quelle opportunità sopra evocate.
È infatti proprio a fronte di questa offerta così poco omogenea che non deve sorprendere l’attrattività molto diversa che le biblioteche esercitano nei territori evidenziata dall’indicatore “Fruizione delle biblioteche” recentemente introdotto all’interno del dominio Istruzione e formazione del Rapporto BES dell’Istat [4]. Mediamente il 15,2% della popolazione frequenta le biblioteche ma anche in questo caso con valori completamente diversi a seconda dei diversi contesti.
Evochiamo il Rapporto BES non a caso [5]: se la fruizione delle biblioteche è uno dei mezzi riconosciuti per il raggiungimento di una istruzione inclusiva e di qualità – in linea con l’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 – risulta ancor più grave la disomogeneità della loro presenza nei territori.
Fonte: BES
I dati del censimento Istat consentono di conoscere una molteplicità di dimensioni, che sono state oggetto di riflessione nella tavola rotonda del 3 giugno: le caratteristiche delle strutture, la loro funzionalità, eventuali barriere all’accesso del patrimonio, le caratteristiche del patrimonio documentale, il tema del digitale, le attività culturali, la capacità di offerta integrata dei diversi servizi, il profilo d’utenza (50 milioni di accessi fisici a fronte di 30 milioni degli stadi e palazzetti dello sport [6]), il personale e la loro professionalità.
Lo spazio che abbiamo a disposizione non ci consente un approfondimento per il quale si rimanda alla tavola rotonda e in particolare al commento di Giovanni Solimine [7] ma sul tema del personale è fondamentale soffermarsi un attimo.
È almeno dagli anni Sessanta del secolo scorso che nel nostro settore sentiamo ripetere come un mantra che “per fare le biblioteche prima bisogna fare i bibliotecari” eppure ancora oggi circa il 40% delle biblioteche ha dichiarato di avere del personale che opera su base volontaria e gratuita; un apporto di partecipazione civica importante, ma non sostitutivo di una professionalità oggi riconosciuta e per questo ancora più essenziale.
Allora il dato relativo alla capillarità delle biblioteche unito alla disomogeneità sul territorio e a questo ultimo suona e deve suonare davvero come una denuncia. Le Biblioteche pubbliche in Italia restano una questione irrisolta; potrebbero rappresentare la più straordinaria opportunità di offrire ai cittadini pari occasioni di accesso alla cultura e alla conoscenza. Si tratta di una infrastruttura per il welfare culturale diffuso unica, ampiamente sostenuta in alcuni paesi europei come in Francia, che già dagli anni Ottanta ha ripensato le proprie politiche culturali proprio a partire dalle biblioteche; ma così in Italia non è o almeno non del tutto.
Cosa manca? Una convergenza fra i diversi stakeholder, Stato, Regioni e Comuni innanzitutto, nel rispetto delle reciproche competenze, per costruire, anche nel nostro paese, una politica culturale per e a partire dalle Biblioteche. La consapevolezza che investire nelle biblioteche, come infrastruttura di base, accessibile, prossima ai cittadini rappresenti il miglior modo per promuovere la crescita del comparto e dei consumi culturali, va unita alla convinzione che il miglioramento della qualità di vita dei cittadini debba muovere proprio da questo.
Come scrive Luca Ferrieri infatti “non c’è politica culturale senza un’ipotesi per le biblioteche” [8]; una considerazione tanto più vera oggi pensando alle conseguenze della crisi che, su più fronti, culturale, sociale, economico, l’emergenza sanitaria sta generando.
La necessità di configurare scenari strategici coesi, omogenei diventa sempre più urgente. Gli indici di lettura [9], misurati dall’Istat, invariati da troppo tempo, come i dati dell’Indagine Ocse Pisa [10] che, misura le competenze degli studenti quindicenni italiani, con l’Italia che non raggiunge la media europea, ne sono una conseguenza.
La Legge per la promozione della lettura, approvata il 5 febbraio 2020 [11], può rappresentare un importante strumento, ma ancora insufficiente. Serve rafforzare il ruolo della Conferenza delle Regioni che agli inizi degli anni duemila avviò un ragionamento, purtroppo arenatosi, per provare a definire raccomandazioni comuni per i diversi territori; questo potrebbe rappresentare un punto di svolta anche alla luce di quanto richiesto dall’Agenda 2030, dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, dai fondi strutturali indiretti e da quelli diretti, in un quadro in cui gli orientamenti da perseguire non possono più prescindere da quelli intrapresi dagli altri stati dell’Unione europea.
L’azione culturale delle biblioteche, innanzitutto di quelle pubbliche, è incardinata in quella della Pubblica Amministrazione; un’opportunità diremmo, talvolta però un freno. La mancanza di bibliotecari qualificati, di strutture adeguate, di linee di indirizzo rischia di penalizzare non solo un settore, ma l’intero sistema paese. Dove ci sono biblioteche aperte, accessibili, attive, motivanti, le persone vivono meglio e diventa più facile dare attuazione all’articolo 3 della Costituzione che richiama l’attenzione sulla necessità di rimuovere gli ostacoli che limitano l’eguaglianza di tutti i cittadini impedendo il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione alla vita politica, economica e, aggiungiamo, culturale del paese.
Il Covid sta, di fatto, rendendo tutto questo più urgente. Per questo motivo le biblioteche possono fare la differenza nel disegnare il futuro delle nuove generazioni, ma bisogna cercare di rendere questo possibile con l’impegno di tutti.
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Commissione nazionale Biblioteche pubbliche dell’Associazione Italiana Biblioteche: Cecilia Cognigni (coordinatrice), Valentina Bondesan, Sara Chiessi, Chiara Faggiolani, Loredana Gianfrate, Valeria Patregnani, Maria Antonietta Ruiu.
[2] Il video della tavola rotonda “L’indagine Istat sulle biblioteche. Visioni e prospettive a confronto” è disponibile al link: https://www.youtube.com/watch?v=okQeejV9r58
[3] https://anagrafe.iccu.sbn.it/it/
[4] Per gli indicatori BES si veda: https://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/la-misurazione-del-benessere-(bes)/gli-indicatori-del-bes. Sull’importanza dell’introduzione di questo indicatore rimando a Chiara Faggiolani, Un indicatore dedicato alle biblioteche nel Rapporto BES dell’Istat: una grande conquista per il nostro settore, “AIB studi”, 61 (2021), n. 1, p. 7-10, DOI 10.2426/aibstudi-13248 in corso di pubblicazione.
[5] La fonte dei dati dell’indicatore è l’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana”.
[6] Questi dati vanno letti in una dimensione comparativa che la relazione di Fabrizio Arosio ha messo fortemente in evidenza. Ancora una volta questi dati mettono in evidenza una incredibile disomogeneità territoriale.
[7] Un commento ai dati è disponibile anche in Giovanni Solimine, Il vecchio e il nuovo nelle biblioteche italiane, “Atlante – Treccani”, 9 maggio 2021, https://www.treccani.it/magazine/atlante/societa/Vecchio_nuovo_biblioteche_italiane.html
[8] Luca Ferrieri, La biblioteca che verrà, pubblica, aperta, sociale, Milano, Editrice Bibliografica, 2020.
[9] Istat, Produzione e lettura di libri in Italia, anno 2019 https://www.istat.it/it/archivio/252381
[10] Indagine internazionale Ocse Pisa 2021 <https://www.itisarmellini.edu.it/circolari/indagine-internazionale-ocse-pisa-2021/>
[11] Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2020-03-10&atto.codiceRedazionale=20G00023
ABSTRACT
The article presents the Istat’s Italian Libraries national survey and a summary of the discussion promoted by Aib – Public Libraries Commission on 3th June. The survey describes the difficult situation of Italian libraries, with different distribution in the North and in the South of Italy and the lack of librarians, but also the potential and the capability of libraries to promote and facilitate actions of cultural welfare as an infrastructure of knowledge access. Public Library Commission thinks it is necessary improving the convergence between different stakeholders and public discussion to facilitate the renaissance of libraries as a question of national cultural policy.