PIANO D’ORTA, SALVAGUARDARE UN’IMPORTANTE TESTIMONIANZA DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE.
La sezione pescarese di Italia Nostra, attraverso il Comitato “Bussiciriguarda” di cui è attiva componente e d’intesa con le altre Associazioni ambientaliste, fin dall’inizio è impegnata per la salvaguardia, la bonifica ed il recupero dei siti industriali di Bussi sul Tirino e Piano d’Orta, colpevolmente investiti da importanti processi di inquinamento e per i quali, con gravissimi ritardi, soltanto ora si pongono all’ordine del giorno proposte di azioni organiche volte a rimuoverne e mitigare gli effetti.
Durante le ultime riunioni svoltesi presso il Ministero dell’Ambiente, con la partecipazione, non sempre autorevole e determinata, di rappresentanti della Regione e degli Enti Locali interessati, dell’ARTA e della ASL, non è stato ancora prospettato un piano di risanamento condivisibile, sia per debellare qualsiasi residua preoccupazione sulla presenza in situ di materiale inquinante, sia per assicurare una ripresa delle attività industriali, e non solo, in un territorio impoverito in conseguenza dei drammatici eventi.
Del tutto inadeguati e addirittura dannosi appaiono gli orientamenti relativi all’insediamento chimico ex Montecatini di Piano d’Orta; registriamo infatti una grave sottovalutazione del valore intrinseco dei manufatti edilizi ivi esistenti che rappresentano invece un’importante testimonianza del processo di industrializzazione della Val Pescara e della stessa storia industriale del Paese.
L’insediamento, sorto nel 1900, è stato per lunghi anni luogo di produzione d’avanguardia nel campo della chimica e della rivoluzione agricola, attraverso la messa a punto di innovativi fertilizzanti (valga per tutto il fatto che proprio in quello stabilimento, nel 1904, è stata realizzata per la prima volta al mondo la fissazione dell’Azoto atmosferico su Carburo di Calcio, con relativa produzione di Calciocianamide, primo fertilizzante di sintesi realizzato al mondo, che ha permesso di quintuplicare i raccolti annuali mondiali di grano). Nel sito è nata la rivoluzionaria produzione elettrochimica e la sintesi dell’acido solforico con la tecnica delle camere di piombo, molecola di base per una moltitudine di altre produzioni che hanno consentito lo sviluppo industriale del Paese. Al suo intorno si è sviluppato il villaggio operaio che ha costruito la propria cultura e identità sulla crescita della fabbrica, determinando in relazione ad essa i principali rapporti sociali ed i principali luoghi aggregativi che hanno saputo resistere persino ai trentasei bombardamenti mirati subìti durante la seconda guerra mondiale proprio in funzione dell’enorme rilevanza strategica attribuita al sito industriale.
I fabbricati ancora esistenti, molti dei quali non compromessi dal punto di vista statico, presentano diversi elementi di pregio: dalle imponenti strutture in cemento armato (tra le prime applicazioni costruttive) che configurano complesse e suggestive spazialità; alle strutture voltate di ampia luce; agli eleganti paramenti in laterizio con inserti strutturali in pietra locale. La relazione tra gli edifici, inoltre, configura interessanti spazi esterni, caratterizzando il complesso come un unicum, passibile di un significativo recupero anche per funzioni legate alle esigenze contemporanee. Né va sottovalutato il valore identitario e memoriale che il complesso riveste per la comunità locale che a causa dei paventati abbattimenti vedrebbe cancellato il principale elemento costitutivo dell’insediamento.
Sembra invece che tali considerazioni siano del tutto assenti negli studi e nelle prime determinazioni sul sito; tanto che si ipotizza la demolizione dei fabbricati per pura presunta comodità di cantiere, ai soli fini di effettuare una caratterizzazione al di sotto del pavimento, pur non essendo state rilevate criticità di lisciviazioni in falda, né tanto meno di presenza di inquinanti volatili. Tutto ciò con non condivisibile approssimazione e in una confusa ricerca di ruoli e responsabilità, mai finalizzati alla conservazione del patrimonio edilizio storico; si considera infatti l’area come indifferenziata e si mette nel conto la cancellazione dell’importante e documentata presenza di reperti di archeologia industriale, determinando un vuoto indistinto proprio al centro dell’abitato.
Va radicalmente ribaltata l’impostazione fino ad ora assunta: il complesso edilizio industriale non è una complicazione da rimuovere per facilitare le operazioni di un risanamento dai contorni ancora incerti e non finalizzato alla riqualificazione territoriale; è, invece, una risorsa su cui puntare per il risarcimento ed il rilancio di un territorio colpito dalla crisi e che può trovare in quest’area ed in questi edifici un significativo fattore di un nuovo sviluppo, in una concezione della vasta conurbazione valliva che veda nelle sue eccellenze i punti forti di un disegno policentrico e partecipato. La presenza degli edifici, in definitiva, valorizza la bonifica e la rende stimolante e produttiva.
Facciamo appello:
-al Comune di Bolognano affinché s’impegni a difendere un‘importante risorsa del suo territorio;
-alla Regione Abruzzo perché mostri, in questa occasione, la più volte asserita volontà di salvaguardare il patrimonio storico regionale, finalizzandolo alla riqualificazione territoriale di un’area in profonda crisi occupazionale ed in cerca di nuovi equilibri e vocazioni economico-sociali, anche nel quadro delle iniziative di governo della maggior conurbazione del medio Adriatico.
-alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Abruzzo perché tuteli una delle più importanti espressioni dell’architettura industriale italiana, ancora leggibile nella sua originaria configurazione.
-al Ministero dell’Ambiente perché introduca adeguatamente questa esigenza di salvaguardia tra le tematiche relative alla bonifica del sito, mettendo a punto azioni compatibili con la preservazione dei manufatti.
Salvare i fabbricati di Piano d’Orta
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Conferenza stampa Piano d’Orta
Appello Montecatini Piano d’Orta
Nota Regione Mazzocca per Piano d’Orta
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