Ai primi di gennaio sul periodico web “Abruzzo Live” si leggeva: “Pianella: progetto da 36 milioni di Euro per un ecosistema dell’innovazione”.
L’articolo da’ conto della ammissione alla fase 2 di selezione per il finanziamento di un progetto che ha il comune di Pianella per capofila, con il Dipartimento di Architettura Ch-Pe e partners privati come TUA Spa, Siscom Spa, Testuggine Consulting Srl, Rustichella D’Abruzzo Spa. La proposta , su bando della Agenzia per la Coesione (in coerenza col PNRR) riguarda “ interventi di riqualificazione e rifunzionalizzazione di siti per la creazione di ecosistemi per l’innovazione nel Mezzogiorno “ Oltre la soddisfazione dell’Ente locale, si capisce a stento che l’intervento dovrebbe riguardare la ricerca e la formazione su tre asset principali: mobilità sostenibile; digitalizzazione della P.A., processi innovativi per l’industria 4.0; praticamente quello che tutti dicono di voler fare da per tutto. Si assicurano naturalmente: recupero materiali di demolizione, autosufficienza energetica , armonizzazione col contesto. L’intervento dovrebbe riguardare la demolizione del salumificio Di Leonardo (dalle consuete quanto anonime forme per gli edifici industriali degli anni’70, a cui risale la costruzione) per sostituirlo con un fabbricato nuovo ancor più impattante, anche se rivestito delle forme avvenieristiche ormai diffuse su ogni rivista.
Si rischia , cioè, di spendere 36 milioni per avere un impatto simile se non peggiore sul paesaggio e, soprattutto, di dare vita ad un organismo per il quale non si conoscono i costi di gestione, i ricavi che li rendono sostenibili, la rete di Istituti di ricerca in cui si inserirebbe, i rapporti con un territorio agricolo di grande pregio che su quel pregio dovrebbe puntare.
Ai primi di febbraio su “il Messaggero” si legge di una ripresa di interesse per l’area ex COFA sul Lungomare Sud di Pescara. Apprendiamo che l’ Università col Comune ( e Regione e partners privati) torna a prenotare quell’ area presentando un progetto da ammettere a finanziamento, sempre alla Agenzia per la Coesione Territoriale, sempre per la creazione di altri” ecosistemi”. Il progetto si chiama infatti” Ecosistema dell’ Adriatico per la sostenibilità, salute, clima e l’ innovazione tecnologica ( EASSITECH)”. Non conosciamo il budget che dovrebbe essere superiore a quello proposto a Pianella.
Ma dietro tutte queste parole, che ormai dilagano nei Talk Show, nelle dichiarazioni politiche ed ora anche nelle aule accademiche , cosa c’è?
Ci sono semplicemente dei Centri di ricerca; e chi potrebbe opporvisi? Quindi anche noi plaudiamo a questa rinnovata attenzione a quel settore, vitale per il Paese.
Tuttavia, saremmo interessati ( come tutti i cittadini) a conoscere il livello di programmazione (accademica, economica, istituzionale) al quale si sono decise queste iniziative perché buona norma vuole che il progetto scientifico, quello gestionale, quello di mercato per il prodotto ( anche la ricerca si applica e si “vende”) precedano quello edilizio, per il quale si improntano i primi e consistenti soldi.
Ricordiamo le tristi parabole di iniziative come i “Poli tecnologici” : tra essi sopravvive quello aquilano nella ex fabbrica Italtel con evidente funzione di riparazione di precedenti fallimenti industriali. Il Parco scientifico e tecnologico d’Abruzzo una struttura enorme e abbandonata tra i rovi di contrada Selvaiezzi, tra Chieti Scalo e l’Asse attrezzato fu promosso dal Consorzio industriale Val Pescara, con le Università di Chieti-Pescara e L’Aquila, dal Mario Negri Sud e da altra società molto note nel 1993. Oggi dopo quasi trent’anni e 20 miliardi di lire spesi con inchieste giudiziarie e contabili, sembra che abbia ripreso alcune attività.
Ricordiamo ancora la immeritata fine dell’Istituto Mario Negri Sud, che ,pure , è stato protagonista di reali processi di ricerca, collegato ad una rete nazionale, dotato di alloggi per ricercatori e visiting scientists ; tuttavia anch’esso è stato vittima di una grave crisi finanziaria.
C’è poi il caso sui generis dell’ L’ICRANet, International Center for Relativistic Astrophysics Network, insediato gratuitamente nel corpo centrale della vecchia Stazione FFSS di Pescara, per il quale si è stabilito il regime di un suolo non italiano (al pari di un’ambasciata), con privilegi che non hanno precedenti nella storia della Repubblica, compresa la realizzazione di un fossato all’intorno; tuttavia la città non solo ignora le attività episodiche che vi si svolgono, ma non ha nemmeno il diritto di frequentarlo; nè si ha notizia di relazioni con i locali Atenei ( che, per altro, di quelle materie si occupano, sia a Pescara che all’Aquila – dove ,addirittura, accanto all’università ci sono i Laboratori di fisica del Gran Sasso ed il recentemente istituito GSSI – Gran Sasso Science Institute). A chi avanza queste obiezioni si risponde che si tratta di un Network mondiale che funziona soprattutto sul webm ma da ciò non si fa conseguire la riduzione delle servitù sulla città.
Ultima arrivata è la Digital Valley-Polo Digitale Abruzzese e la Start Cup Abruzzo-Business Plan Competition del ‘Mondo Digitale’, annunciata nel settembre 2020 con sede a Pescara ( da definire, sembra) con partners privati, Università e Istituzioni sul modello del PoliHub del Politecnico di Milano.
Questi precedenti suggeriscono con ottimi argomenti di programmare gli interventi, concentrare le forze e ,soprattutto, tracciare per essi una prospettiva di redditività sicura, culturale ed economica.
Ma ancora resta da dire quanto preoccupante sia la indifferenza per il territorio e le sue peculiarità che queste proposte contengono; soprattutto perché avallate o proposte direttamente dall’Università con gli Enti locali che , con impostazione davvero antiquata, sono attenti solo ad assicurarsi l’investimento edilizio immediato. Infatti la credibilità che questi Enti conferiscono alle iniziative spesso soffoca il necessario dibattito sul merito delle proposte.
Per il caso di Pescara i termini sono noti: già in passato il Rettore aveva proposto il trasferimento in quell’area l’Ateneo, in tutto o in parte; furono avanzate obiezioni relative al pregio dell’area litoranea, alle opportunità che essa offre per una riorganizzazione complessiva della Riviera Sud, anche in relazione a grandi trasformazioni in corso o possibili come il riassetto delle aree portuali, di quelle già occupate dai depositi di carburante, dalla riqualificazione del teatro Dannunziano e della Riserva-Pineta . Sembrò che quelle obiezioni prevalessero; invece si torna all’assalto, anche se con un progetto ancora da finanziare; come se gli edifici per i Dipartimenti ingombrino più di quelli per i laboratori di ricerca; e come se la sottrazione di quelle aree ai cittadini sia minore.
Analoghi ragionamenti si possono fare per Pianella: sostituire un modesto edificio industriale con un’architettura che riecheggia quelle delle archistar non sembra migliorativo dell’ambiente come si dichiara; anzi, conferma una concezione del paesaggio agrario come indifferenziato supporto per episodi edilizi.
Il tema di fondo è questo: non si riqualifica né il territorio né la città se si continua depositarvi architetture più o meno riuscite, senza valide motivazioni funzionali e senza una preventiva lettura del contesto, dei suoi limiti e potenzialità. E’ necessario concepire le occasioni qualificate di intervento ( servizi rari, centri di aggregazione, di cultura, di ricerca) per progettare nuovamente le aree degradate ,per farne elementi con i quali costruire una città policentrica che si misuri con l’ampio territorio “metropolitano”.
A questa visione si resiste in nome di ogni particolarismo, economico ed istituzionale; ed il territorio ne è la vittima predestinata.
Nello stesso giorno in cui la stampa riportava la notizia sulle aree ex COFA si apprende che l’ assemblea dei consiglieri ,costituita dalla legge per la costituzione della Nuova Pescara , si è riunita dopo tanto tempo in numero appena valido; hanno deliberato sulla richiesta di stanziamenti maggiori per la fase istruttoria e sul modo di attribuire gettoni, ora non previsti, ai partecipanti; Non hanno invece deciso di presentare d’intesa tra i tre Comuni interessati i progetti per il PRRN, perché era venuto a mancare il numero legale.
Questi episodi avvengono con uno stile deliberativo improntato ad una trasparenza dei contenuti ridotta ai minimi termini e nel quale la partecipazione è sempre di più intesa come comunicazione di scelte già assunte, senza possibilità reale di emendarle.
La sezione pescarese di Italia Nostra rifiuta un metodo di trasformazione del territorio così oscuro e molto discutibilmente “tecnocratico”.
Rivendica il diritto di partecipare alla definizione dei momenti decisionali quando essi si formano e non come semplice ricettrice di incomplete informazioni.
Continuerà ad impegnarsi per salvaguardare il patrimonio paesistico e le maggiori occasioni di trasformazione urbana del nostro territorio.
Fa appello alle forze politiche e sociali perché si riapra la discussione su queste scelte importanti e sulle altre derivanti dal PRRN che non può essere inteso solo come un ‘occasione per derogare alle norme vigenti e per finanziamenti a pioggia.
Chiede alle Istituzioni coinvolte ( Enti Locali, Università , Regione ) di aprire spazi reali di partecipazione su queste proposte.
Pescara 6/2/2022
Il Direttivo della Sezione “L.Gorgoni” di Italia Nostra