Italia Nostra segue da decenni le vicende del nostro territorio, la sua evoluzione con le sue luci e le sue tante ombre, soprattutto quando le esigenze( o le pretese) della modernità ne compromettono i delicati equilibri e cancellano alcuni antichi ( ma anche recenti) tratti della sua identità urbana e territoriale.
Le sezioni di Chieti e Pescara del nostro sodalizio si sono mobilitate, come in altre occasioni, per la salvaguardia ed il rinnovamento di una struttura ormai storica, che caratterizza la città di Francavilla al Mare: il tanto vituperato Palazzo Sirena, del quale si annuncia la demolizione per realizzare. in suo luogo, uno slargo che fronteggerebbe l’ ampliamento dello storico edificio realizzato negli anni ‘90.
Per un lungo tratto della costa adriatica la struttura costituì un punto di riferimento importante, un’ architettura qualificata sia per le sue funzioni che per il suo rapporto con la cittadina rivierasca, in un contesto sociale che ritrovava il suo dinamismo dopo la guerra. Ma al di là del ricordo di numerosi eventi culturali e mondani che hanno scandito la storia della città, quell’edificio, compostamente post-razionalista, ha rappresentato uno dei cardini della ricostruzione postbellica di Francavilla, insieme alla chiesa di San Franco, firmata da Ludovico Quaroni, con il quale dialoga visivamente, dal lido al colle. Esso prese il posto del distrutto kursaal che animò la vita della nascente stazione balneare, frequentato dalla borghesia del tempo: chi da Chieti, da tutto l’Abruzzo, da Roma o dalle Puglie veniva a prendere i bagni, trovando lì occasioni di incontro e manifestazioni d’arte e di cultura che resero Francavilla una delle mete turistiche più importanti dell’Adriatico di inizio ‘900. Tanto esso era sentito come proprio dai cittadini che l’attuale palazzo fu realizzato tra i primi dopo la guerra su pressante richiesta della comunità.
Riportiamo una breve nota sulla sua storia:
“La storia del palazzo affonda le radici nel lontano 1888, quando venne avviata la costruzione della struttura originaria su progetto dell’architetto pescarese Antonino Liberi (parente di D’Annunzio), al fine di favorire lo sviluppo turistico balneare della città di Francavilla al Mare. L’edificio, come i kursaal che andavano sorgendo in tutte le località balneari, era destinato a ospitare manifestazioni estive di richiamo e divenne la sede permanente di un elegante circolo cittadino. Inaugurato da Gabriele d’Annunzio, che ne riportò la cronaca sul giornale “La tribuna di Roma”, il fabbricato venne distrutto durante la Seconda Guerra mondiale dalle mine dei tedeschi in ritirata. Ricostruito dal Genio Civile con i fondi per i danni di guerra sul sito preesistente e con le stesse funzioni, Palazzo Sirena rinacque a nuova vita sotto la gestione commissariale dell’Azienda di Soggiorno; il progetto del risorto edificio, in pregiato stile tardo-razionalista (come certifica il C.E.S.A.R.- Centro Studi di Roma), porta la firma dell’ingegner Vittorio Ricci, il cui nome è legato al Piano di ricostruzione di Francavilla al Mare. L’impresa costruttrice assumerà l’incarico con l’obbligo di assumere alle dipendenze i reduci della guerra ‘40 – ‘43 e di quella di liberazione (partigiani) nonché i reduci dell’internamento. Dal dopoguerra agli anni ’90 Palazzo Sirena tornò a vivere momenti importanti nella vita sociale e culturale della città, ospitando spettacoli con artisti di grande risonanza, mostre prestigiose, convegni e incontri culturali anche di livello internazionale, oltre a rappresentazioni teatrali. Fu anche sede delle prime edizioni dell’esposizione internazionale di pittura “Premio Michetti”.
L’ abbattimento cancellerebbe questa storia, che, in una cittadina, sottoposta ad una impetuosa e disordinata espansione, rischia di rimuovere con essa un altro ancoraggio utile ad un suo pur necessario ripensamento urbanistico; mentre un intervento progettuale, non certo improntato alla supina conservazione, ma capace di restituire funzioni attuali e spazi nuovamente significativi, potrebbe costituirne un caposaldo.
E’ una delle vicende nelle quali la voglia di ” lasciare un segno” degli Amministratori comunali non si misura con la memoria della comunità, favorendone, anzi, la smemoratezza; un caso in cui la tutela richiesta alla Soprintendenza può aiutare una diversa considerazione dello sviluppo cittadino. Le sezioni di Pescara e Chieti di Italia Nostra hanno proposto in tal senso un appello che ha incontrato il favore di cittadini e personalità della cultura e delle professioni anche nel campo degli esponenti di discipline diverse da quelle attinenti la conservazione dei beni culturali: dall’urbanistica, all’antropologia, alla letteratura, alle arti.
Tra i firmatari segnaliamo: Paolo Berdini, Pierluigi Cervellati, Vezio De Lucia, Luigi De Falco, Vittorio Emiliani…
Riteniamo infatti che su questioni del genere si debbano mobilitare consapevoli competenze, per avvertire i decisori della qualità irripetibile dei beni di cui si discute.
Su tali materie appare del tutto impropria una consultazione informale della popolazione, come quella che si sta svolgendo, su quesiti sintetici e tendenziosi, puntando sullo stato di degrado nel quale la struttura è stata sostanzialmente abbandonata, nonostante continuasse a svolgere la sua funzione fino ad anni recenti.
Così come improprio è paragonare il numero di firme raccolte tra i passanti all’adesione ad un appello argomentato da parte delle numerose personalità che vi hanno aderito. —————————————————————————————————-
Speriamo che di questa nostra iniziativa sia data adeguatamente notizia essendo stata essa fino ad ora relegata a complemento delle iniziative locali.