G.DAMIANI :ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL POST INCENDIO RISERVA NATURALE PINETA DANNUNZIANA A PESCARA:

I tronchi morti vanno rimossi oppure no?
Innanzitutto voglio ricordare che la legge VIETA di ripiantare alberi, per cinque anni, nelle aree percorse dal fuoco. La ratio è duplice: voler rimuovere, allontanandolo, un potenziale “movente” economico (nessuno deve poter guadagnare qualcosa da un incendio) e poi dare tempo per verificare le capacità naturali, spontanee di ripresa dell’ecosistema. Questa capacità per la flora mediterranea è molto spiccata. MA PER FAVORIRE ED ACCELERARE LE CAPACITA’ NATURALI DI RIPRESA DELL’ECOSISTEMA I TRONCHI MORTI, NON VANNO RIMOSSI ED ALLONTANATI COME SI E’ INIZATO A FARE! Esplicito i motivi.
Per quanto sia complessa la chimica della vita degli esseri vegetali, per una crescita rigogliosa occorre garantire nell’ambiente tre elementi fondamentali: AZOTO, FOSFORO e POTASSIO, nutrienti delle piante. E’ inoltre importante che i tre elementi si trovino in percentuale, rispettivamente, del 19, 12, 5%. Sono tre “numeri magici” per la vita delle piante.
Tuttavia il suolo della Pineta dannunziana è povero di questi tre elementi: è in gran parte sabbioso d’origine retrodunale, con poco o niente humus. Insomma a fertilità prossima allo zero. Le piante però hanno potuto attingere, nel corso della loro vita, quegli elementi nutritivi dal mondo circostante, anche da molto lontano dal luogo ”di residenza” puntuale, lentamente nel tempo, raccattando anno dopo anno quel poco che c’era, grazie al reticolo di funghi in simbiosi con le loro radici (cosiddette micorrize). La scienza ha mostrato come queste reti impalpabili, estese anche diversi ettari, aiutano le piante a rifornirsi di acqua e di elementi nutritivi attivamente, raccolti e trasportati.
NE DERIVA CHE: i nutrienti accumulati nell’arco di secoli, in un ambiente simile, sono concentrati nella massa vegetale vivente e non nel poverissimo suolo! Dopo l’incendio quella “biomassa” è divenuta “necromassa”, ma essendo bruciata solo parzialmente all’esterno, continua a contenere l’85-90% di riserva fondamentale di nutrienti a disposizione della vita che riprenderà. Allontanare via dalla Pineta i tronchi parzialmente combusti, quindi, produce impoverimento dell’ecosistema, una “riduzione alla fame” dell’ambiente (i pini appena nati da seme sono già tanti solo dopo 6 mesi e diverse specie potranno rinascere o ricolonizzare le aree andate a fuoco). Tronchi e i rami vanno lasciati in loco a disposizione dei processi naturali di biodegradazione che verranno accelerati da coleotteri, dalle larve di molti insetti specializzati, vermi, funghi saprofiti… che restituiranno come prodotto ultimo del loro lavoro, il tesoro dei nutrienti nelle percentuali “magiche” di 19, 12, 5. I tronchi potrebbero essere sistemati adagiati a terra, magari a delimitazione dei camminamenti …oppure con cataste “ordinate” ma vanno lasciati in loco. Quelli meno bruciati possono essere lasciati “morti in piedi”, per la gioia dei picchi che vi scaveranno i propri nidi.
Da ultimo una nota: la Pineta di cui si parla, negli anni ’70-80 era il paradiso dei funghi. Abbondanze straordinarie. Poi è divenuta una piazza d’armi per l’eccesso di calpestio; per il futuro quindi occorrerà disciplinare la fruizione perché i reticoli fungini che connettono le piante e che le nutrono, possano tornare a viverci e a fare il loro mestiere. PER QUESTO TORNO A RICHIAMARE L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE PERCHE’ RICOSTITUISCA IL COMITATO SCIENTIFICO DELLA RISERVA (non rinnovato dal 2008!) E SI DOTI FINALMENTE DI UN DIRETTORE COMPETENTE. E finisca di lavorare all’impoverimento della pineta con l’asportazione di camionate di preziosa biomassa. L’ostracismo assoluto dell’attuale governo cittadino contro chi si occupa attivamente, nel sociale, con passione e competenza, in maniera disinteressata e gratuita, del patrimonio verde e della Riserva Naturale, contro chi vuole solo contribuire con atti e suggerimenti al bene comune, è veramente miope e incomprensibile.
Dott. Giovanni Damiani