I dipinti di Salvador Dalí in un fumetto
FA IL SUO DEBUTTO SUGLI SCAFFALI UN FUMETTO TUTTO DA DECIFRARE, REALIZZATO DA SALVATORE VIVENZIO E FABIO IAMARTINO. SI INTITOLA “IL TRENO DI DALÍ” E CATTURA LO SGUARDO COME FOSSE UN CAPOLAVORO D’ARTE MODERNA.
C’è questo investigatore privato che si chiama come un famoso pittore, Salvador Dalí. Sta viaggiando in treno verso Città Nuova per seguire un lavoro che gli è stato assegnato: cercare una persona scomparsa. Accanto a lui viaggia anche una donna di nome Desiré, diretta in città a trovare la figlia. Ma quando l’uomo finalmente arriva a destinazione, il suo incarico comincia a scivolargli di mano (“Da dove dovrei iniziare?”, si chiede), trovandosi al cospetto di situazioni e accadimenti che sembrano distoglierlo dall’obiettivo (“Ora anche questo”, dice davanti all’incomprensibile apparizione che si staglia immensa davanti a lui).
Dare il benvenuto a Il treno di Dalí, opera a fumetti molto bella e ambiziosa pubblicata da Shockdom, è come fare un’abbuffata di colori appetitosi, suggestioni oniriche e fantasie sfrenate che sai bene ti condurranno in un luogo mai visto prima. I complimenti non sono mai un optional in opere come questa, capaci di tenere sempre viva la curiosità nel seguire una vignetta dietro l’altra. Soprattutto tenendo conto della giovane età dei due autori. Il romano Salvatore Vivenzio, classe 1997, è l’autore della storia; mentre l’illustratore lombardo Fabio Iamartino, nato nel 1990, si è occupato della parte grafica.
DALÍ E I SURREALISTI
Con Il treno di Dalí, Vivenzio e Iamartino hanno trovato un ingresso originale e convincente per conversare con il fumetto, riversandosi come un fiume in piena nel mondo sghembo e apparentemente irrazionale dei surrealisti, e non solo. Emergono influenze da Dalí, ovviamente, Magritte, de Chirico. E in tale tsunami di visioni colorate i due autori restituiscono un’idea di cosa si debba provare nel vivere prigionieri di un’opera d’arte.
Il mondo che scorre fuori dei finestrini del treno che accompagna Dalí in città non è semplice sfondo scenografico, ma un assaggio degli incroci strani e misteriosi che lo attendono di lì a poco. Dei colpi d’occhio, quasi indecifrabili, che solo l’immobilità miracolosa della vignetta permette di cogliere. C’è tanta storia personale in questo fumetto strano e misterioso. Vivenzio vi ha traghettato il passaggio da un’età all’altra della vita: il primo approccio con il mondo degli adulti, quello che ti sbatte in faccia la durezza della realtà. Un vaso di Pandora in piena eruzione che Iamartino non ha voluto frenare, cercando invece di accogliere con generosità e tanta voglia di conoscenza “timori, vuoti esistenziali, dubbi e confusioni”, così li chiama lui, a cui ha cercato di dare le forme più belle, irregolari, nobili raccontando quella storia.
UN SOGNO A OCCHI APERTI
Il treno di Dalí è un graphic novel pieno di convincimento. Nel suo variopinto amalgama, che potrebbe essere un’infinita mappa dei destini incrociati, giacciono suggestioni oniriche, piroette tra questo mondo e l’altro che sono anche una sfida: provate voi a giacere in quell’estasi della creazione e della fantasia e restituire così tanti personaggi in grado di vivere un solo istante sulla tavola disegnata. Personaggi che, fossero pure fatti di poche linee, quasi scarabocchi, restano coerenti al tessuto narrativo concepito da Vivenzio attraverso il percorso che Dalí è suo malgrado costretto ad affrontare (non è detto che l’uomo riuscirà nell’impresa, e forse neppure è questo ciò a cui aggrapparsi; inoltre: e se fosse egli stesso la persona che sta cercando?). Non crediamo sia esagerato affermare che in quel marasma di arte e fumetto risiede la più geniale metafora di quale casino sia la vita. Ogni affermazione del protagonista, ogni sua esitazione e tutti gli interrogativi sono un tentativo di sganciarsi dal caos, alla ricerca di una qualche identità. Altrimenti niente: si torna al punto di partenza.
Una delle certezze de Il treno di Dalí è il suo essere un fumetto caricato al massimo dell’espressione, ma anche opera d’arte itinerante che accarezza le dimensioni dell’inconscio, di un’inquietudine vissuta a occhi aperti, in mezzo a venature letterarie che istigano la riflessione e una comprensibile ridda di domande. Un’opera che alla fine ci convoca tutti davanti al buon Dalí sperando di ottenere una risposta.
‒ Mario A. Rumor